Disciplina del 5 per mille

fL’istituto del 5 per mille è stato introdotto in via sperimentale con la legge 23/12/2005 n. 266 (legge finanziaria 2006), ma nel corso degli anni è stato oggetto di interventi normativi per la sua riconferma annuale. Lo scorso anno, con DPCM del 7/7/2016, pubblicato in sulla Gazzetta Ufficiale n. 185 del 9/8/2016, sono state apportate delle modifiche all’Istituto per rendere più semplici le procedure di accesso al beneficio e contemporaneamente garantire trasparenza sull’utilizzo delle risorse da parte degli enti beneficiari.

Esattamente un anno dopo il 19 luglio 2017 è entrato in vigore il D.lgs. 111/2017, che, collegato alla riforma del Terzo Settore, completa il percorso iniziato 10 anni prima.

Con il decreto in questione sono state fissate le regole ma per la concreta attuazione, l’art. 4, prevede la necessità di un Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri da emanare entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore (novembre 2017).

Le novità introdotte con tale decreto sono diverse:

  • la prima riguarda la previsione di un importo minimo erogabile (art. 5, comma 1,) a ciascun ente. In questo modo dovrebbero sparire pagamenti irrisori da parte della pubblica amministrazione, somma che per l’ente beneficiario risulterebbe troppo costosa da ricevere per gli adempimenti burocratici da porre in essere;
  • la seconda riguarda la previsione di precise modalità di distribuzione delle scelte non operate dai contribuenti, “le c.d. somme inoptate” (art. 5, comma 1), ovvero, quelle somme che il contribuente in sede di dichiarazione decidere di devolvere, per esempio, ad un istituto di ricerca, ma non indica il codice fiscale del beneficiario. Queste somme quindi rimangono destinate al 5 per mille, ma non sono assegnate ad alcun beneficiario. La procedura in vigore prevede che tali risorse siano distribuite in modo proporzionale in base alle scelte espresse. In questo modo gli enti che hanno raccolto il maggior numero di preferenze ricevono la fetta più grande;
  • la terza riguarda il divieto espresso per i beneficiari, di utilizzare le somme provenienti dal 5 per mille per coprire spese di pubblicità e campagne di sensibilizzazione (art. 7);
  • la quarta riguarda la questione della trasparenza della destinazione delle somme, infatti  l’art. 8 prevede l’obbligo per i beneficiari di redigere un apposito rendiconto, entro un anno dalla ricezione delle somme, dal quale emerga in modo chiaro, trasparente e dettagliato la destinazione e l’utilizzo delle somme percepite. Tale rendiconto deve essere accompagnato da una relazione illustrativa. Gli stessi beneficiari hanno anche l’obbligo di pubblicare sul proprio sito web, entro termini definiti, gli importi percepiti ed il rendiconto. Per gli enti che violano gli obblighi di pubblicazione è prevista una sanzione salata  pari al 25% del contributo percepito.

L’istituto del 5 per mille rappresenta oggi una grandissima fonte di finanziamento per gli enti del Terzo settore, e i numeri lo dimostrano, il numero dei donatori è passato da 8,7 milioni del 2006 a 14 del 2014 (ultimi dati messi a disposizione dalla Agenzia delle entrate); l’ente che ha la prima posizione ha raccolto 64 milioni di euro, mentre l’ultimo ha ricevuto 1 centesimo; il numero degli enti beneficiari è passato dai 29.840 del 2006 ai 51.321 del 2014. 

Speriamo ora che il decreto attuativo previsto sia l’ultimo e che questo istituto sia finalmente stabilizzato  soprattutto  considerando che la dottrina giuridica lo ritiene un esempio di sussidiarietà fiscale, infatti il contribuente sceglie a chi destinare parte della ricchezza con cui contribuisce attraverso le imposte.

Grande lavoro invece spetta agli enti più piccoli per non perdere l’opportunità di raccolta fondi.

 


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